Le differenze rispetto alla precedente legge:

  • l’eliminazione del vincolo delle categorie omogenee;
  • la possibilità di non dare rilevanza fiscale alla rivalutazione;
  • l’aliquota dell’imposta sostitutiva dovuta.

La disposizione, in pratica, concede la possibilità di rivalutare i beni aziendali ai contribuenti che producono reddito d’impresa; tale facoltà è concessa in relazione ai beni materiali (con esclusione dei beni immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa) e ai beni immateriali e alle partecipazioni in società controllate e collegate.
Fatta eccezione per gli immobili, dunque, tutti gli altri beni d’impresa possono essere singolarmente rivalutati alla condizione che:

  • figurino nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019;
  • vengano rivalutati nel bilancio dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (bilancio chiuso al 31 dicembre 2020).

Un aspetto rilevante di questa disposizione è la possibilità di poter effettuare:

  • una rivalutazione con efficacia esclusivamente civilistica;
  • una rivalutazione con efficacia sia civilistica sia fiscale.

In questa seconda ipotesi, il riconoscimento fiscale, avviene a seguito del versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’Irap e di eventuali addizionali pari al 3% dei maggiori valori, sia con riferimento ai beni ammortizzabili ,sia con riferimento ai beni non ammortizzabili.
Il risparmio, rispetto alla disciplina precedente è di ben 9 punti percentuali (era il 12% per i beni ammortizzabili e del 10% per i beni non ammortizzabili).
Operando una rivalutazione (aumento attività) si genera una “Riserva da rivalutazione” (aumento passività a pareggio) che va imputata al Capitale netto o in apposita riserva che si considera in “sospensione” d’imposta; tale riserva in sospensione d’imposta, che è denominata saldo attivo di rivalutazione, si può “liberare” con l’affrancamento (cioè la possibilità di renderla distribuibile) che costa il 10%.
Il pagamento può avvenire, a prescindere dall’importo, in un massimo di tre rate di pari importo da effettuarsi entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita (2020).
Il versamento delle rate successive alla prima dovrà avvenire entro il termine del saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi.
Inoltre, è espressamente previsto che tali versamenti possano essere eseguiti mediante compensazione.
Ovviamente al maggior valore attribuito al bene, corrisponderà un maggior valore dell’ammortamento che decorre:

  • in linea generale, dall’esercizio successivo a quello di effettuazione (dal 2021 per i soggetti solari). Quindi, in ipotesi di rivalutazione con efficacia fiscale il maggior valore sarà valido a decorrere dal periodo d’imposta 2021 ai fini della deducibilità degli ammortamenti o del computo del valore dei cespiti ai fini del calcolo del plafond di deducibilità delle spese di manutenzione ordinaria;
  • la determinazione delle plus/minusvalenze a seguito di cessioni a titolo oneroso del bene rivalutato, le eventuali assegnazioni ai soci e destinazioni a finalità estranee all’esercizio d’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore, avvenute anteriormente al quarto esercizio successivo a quello nel quale la rivalutazione è stata eseguita occorre fare riferimento al costo ante rivalutazione. Ciò significa che la rivalutazione ai predetti fini sarà efficace dal 1° gennaio 2024.

Per espresso rimando all’art. 11 della Legge n. 342/2000, il valore dei beni rivalutati non potrà superare il valore effettivamente ad essi attribuibile tenendo conto della loro consistenza, della loro capacità produttiva, dell’effettiva possibilità di economica utilizzazione nell’impresa nonché dei valori correnti e delle quotazioni rilevate nei mercati regolamentati italiani o esteri.
Con specifico riferimento al valore massimo attribuibile ai beni è opportuno coniugare quanto previsto con il documento interpretativo n. 5 emesso dall’OIC che disciplina gli aspetti contabili della rivalutazione dei beni d’impresa e da cui si evince che “si può utilizzare sia il criterio del valore d’uso, sia il criterio del valore di mercato” (o fair value).
Inoltre, sebbene non sia previsto l’obbligo di una perizia di stima quale condizione necessaria per l’attribuzione del valore rivalutato ai singoli beni, gli amministratori e il collegio sindacale dovranno indicare nelle rispettive relazioni i criteri applicati ai fini della quantificazione della rivalutazione operata attestando che il valore della rivalutazione rientra nei limiti indicati dall’art.11 della Legge n. 342/2000. E’, pertanto, raccomandabile, quanto meno per i beni con valori più significativi, supportare la rivalutazione con stime o perizie asseverate preferibilmente redatte da professionisti terzi.